“Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco” Gv 10,27

Il testo del Vangelo di Giovanni, il discepolo che più ha compreso il cuore di Cristo Signore, è intriso di una tenerezza che possiamo capire meglio tenendo conto che Gesù parla a gente dedita soprattutto a due mestieri: quello della pastorizia e quello della pesca.
Per il pastore il rapporto con le sue pecore è affettuoso, tenero, personalizzato. Viene espresso soprattutto in ordine alla voce e alla sequela: le pecore ascoltano il loro pastore ne conoscono persino la voce, lo seguono dovunque vada.
Nella seconda parte del testo, Giovanni viene precisando ciò che qui più importa: il pastore ovviamente è Gesù stesso che, alle sue pecorelle, comunica la promessa di una salvezza che concerne non solo questa vita ma quella che verrà e sarà eterna. Un’altra promessa di grande conforto è che nessun nemico nessun traditore o uomo malvagio che sia potrò strappare queste creature care dalle mani e possiamo anche dire dal cuore, di chi le possiede e le ama.
Il paragone è trasparente. Sì, il Pastore è Gesù stesso e quanti liberamente scelgono di seguirlo, non hanno a temere nessuno e niente in ordine alla Salvezza perché salvi saranno in eterno.
Signore Gesù, tutta la Bibbia e soprattutto il Vangelo mi narra continuamente di Te, del Tuo Amore che è Salvezza. Poiché mi ami mi hai creato libero; fa dunque che io mi serva della libertà per scegliere Te e i Tuoi insegnamenti.